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POPOLI E CULTURE NEL MILLENNIO DELLE MIGRAZIONI CONTINENTALI – Articolo di Giovanni Garuti

POPOLI E CULTURE NEL MILLENNIO DELLE MIGRAZIONI CONTINENTALI – Articolo di Giovanni Garuti

POPOLI E CULTURE

L’imprevista crisi estiva di una strana alleanza e di un contratto di governo che avrebbero dovuto durare per tutta la legislatura, alimentata dalla volontà di elezioni anticipate per capitalizzare il ribaltone elettorale delle europee, ha invece generato una nuova coalizione con un programma che dovrebbe portare a scelte di discontinuità sulla questione delle migrazioni, dei rapporti con l’Unione europea e nello scenario internazionale.

L’evidente fragilità della inaspettata intesa governativa, può tuttavia essere occasione per ridare slancio alla creatività della società civile e del volontariato sociale, sacrificata da provvedimenti legislativi inaccettabili che hanno impedito lo svolgimento delle attività di accoglienza e di solidarietà, indispensabili all’integrazione dei flussi migratori, con la creazione di tensioni nelle comunità locali e di spinte xenofobe che impediscono la coesione sociale.

Si tratta quindi di rivedere i decreti sicurezza, di ripristinare la protezione umanitaria e rispettare il diritto d’asilo, con il coinvolgimento dell’Unione per il superamento del Trattato di Dublino e degli Stati europei per l’accoglienza condivisa e la ripartizione dei migranti dal Mediterraneo, dai Balcani e da altri Paesi, in fuga dalla povertà, dai conflitti e dai cambiamenti climatici, con accordi per gli eventuali rimpatri con le garanzie del rispetto delle libertà personali nelle nazioni d’origine o di provenienza.          

Si stanno intanto raccogliendo le firme per la riforma della legge sulla cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia che abbiano frequentato le nostre scuole o i corsi di formazione professionale,  già richiesta ma purtroppo non approvata nella scorsa legislatura, per evitare le attuali condizioni di precarietà e di insicurezza dei giovani nella comunità nazionale e locale.

I recenti interventi di Ambrosini, Gualzetti e don Colmegna, invitano a non far smontare il sistema di accoglienza dei migranti, dei rifugiati e dei ricongiungimenti familiari, per ridestare la fiducia nelle Istituzioni e valorizzare le Amministrazioni locali, al fine di cambiare lo sguardo e il linguaggio nella realtà urbana con la testimonianza e la pedagogia delle comunità cristiane.

L’inaugurazione ufficiale a Milano del nuovo Centro Pime per l’attività missionaria in Italia e all’Estero, con l’Arcivescovo Mario Delpini e il Convegno sul “grido dell’Amazzonia”, devastata dagli incendi, ha consentito di allargare l’attenzione alle vicende del pianeta, oltre l’Europa e il Mediterraneo, per scoprire le cause antiche e contemporanee delle inarrestabili migrazioni delle popolazioni alla ricerca di migliori condizioni di vita per il futuro.

Sulla spinta dell’indimenticabile Convegno nazionale della Chiesa italiana su “evangelizzazione e promozione umana”, le odierne riviste missionarie che ancora resistono alla crisi dell’editoria, ci consentono di valutare, accanto ad altre fonti laiche sulle questioni internazionali, la drammatica situazione umana ad economica dei diversi Paesi del mondo particolarmente coinvolti nell’attività pastorale e sociale svolta nei Continenti.

Diventa infatti emblematica, ad esempio la situazione dell’Eritrea, con la decisione del governo di requisire le scuole gestite dai religiosi cattolici e ortodossi, mentre nei mesi scorsi erano già state smantellate le strutture sanitarie e gli ospedali della Chiesa per la popolazione dei centri rurali, con la conseguenza di creare altre difficoltà nel complesso percorso di riconciliazione nazionale dopo l’accordo di pace con l’Etiopia.

Sfogliando le riviste, da “Mondo e Missione” a “Africa”, si viene investiti dal respiro del pianeta, con le voci e le speranze dei popoli in via di sviluppo,  minacciati dal neocolonialismo delle multinazionali, che cercano dignità e futuro per superare le ingiustizie e i conflitti che impediscono l’emancipazione personale e collettiva delle comunità locali, tentate dall’avventura delle migrazioni di massa verso gli eldoradi occidentali, con esodi interminabili nei deserti o su imbarcazioni precarie e stracariche nel Mediterraneo.

Si afferma che la missione contemporanea deve ripartire dagli scartati, dalla cura del creato all’amore per il fratello, con la creazione di reti di condivisione per generare solidarietà con una esperienza di comunione, di alfabetizzazione, di vita condivisa in una società più fraterna, per uscire dal degrado delle periferie abbandonate e dalla spirale dello sfruttamento e della violenza.

Per Papa Francesco, la Chiesa del millennio deve essere missionaria, samaritana, misericordiosa, profetica, per difendere la dignità umana ed essere segno di speranza, con una evangelizzazione finalizzata all’ecologia integrale, in ascolto del grido di aiuto dei poveri e degli ultimi della terra.

Ci sono già molte esperienze di sviluppo locale e di riscatto sociale, testimoniate dai missionari indigeni e d’importazione, che con l’aiuto di volontari laici e la raccolta di fondi con le comunità parrocchiali, realizzano  nuove strutture abitative, sanitarie, culturali e sportive, per contribuire all’autopromozione e allo sviluppo delle popolazioni residenti. C’è infine, anche nell’hinterland di Milano, l’attività delle missionarie “a chilometro zero”, che operano in una “periferia esistenziale” e in una realtà multietnica di persone e culture, per l’incontro e il dialogo, la convivenza e l’integrazione sociale,  con le “relazioni di vicinato e i gesti della quotidianità”

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