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In Ucraina per invocare la Pace e testimoniare amicizia sociale.

In Ucraina per invocare la Pace e testimoniare amicizia sociale.

Articolo di Andrea Villa – Vicepresidente ACLI Lombardia APS

Il racconto del Giubileo della Speranza in Ucraina organizzato dal MEAN con la partecipazione di diverse associazioni, ACLI, Azione Cattolica, AGESCI, MASCI, Base Italia

La mattina del 5 ottobre le edizioni online dei quotidiani italiani battono la notizia che in Ucraina, il treno su cui viaggiano 110 pacifisti italiani è stato sfiorato in un attacco russo.

La notizia è quasi corretta, nella notte tra il 4 ed il 5 ottobre si è verificato il più largo attacco aereo con oltre 500 droni e 50 missili, che ha coinvolto anche la regione di Leopoli dall’inizio del conflitto. Noi 110 attivisti del MEAN Movimento Europeo di Azione Nonviolenta eravamo alla fine della missione, sul treno che ci avrebbe riportato in Polonia, in territorio dell’Unione Europea.

Il treno si è fermato prima nel nulla, e poco dopo presso la stazione ferroviaria di Leopoli per circa un ora ed abbiamo vissuto un lungo momento di tensione, sentivamo i rumori della contraerea ed abbiamo visto i bagliori di alcune esplosioni. Abbiamo letto poi che nell’attacco ha trovato la morte una intera famiglia di 5 persone. Per noi è stato un momento di grande apprensione, ma per la popolazione ucraina è la condizione di vita degli ultimi 4 anni.

Perché partecipare ad una missione in Ucraina

Ma facciamo un passo indietro, quest’estate ho aderito alla proposta rilanciata dalle ACLI di partecipare a questa missione umanitaria in Ucraina. Sentivo la necessità di superare il senso di impotenza verso l’orrore della guerra, di questa come di tutte le altre, che paiono non finire mai. Oltre alle manifestazioni ed alle veglie di preghiera sentivo il bisogno di fare qualcosa, di esprimere la necessità della fine della guerra.

Grande è la pressione che può esprimere l’opinione pubblica su chi si trova a ricoprire responsabilità, ed a volte capita che questa pressione sia in grado di modificare lo scenario internazionale. In quegli stessi giorni la Global Sumud Flotilla ha saputo generare una forte presa di posizione in tutta Europa che ha portato le istituzioni nazionali ed europee a pronunciarsi molto più nettamente affinché si fermasse il massacro a Gaza.

Egualmente sentivo disgusto per un racconto mediatico dei conflitti che indulge su forze in campo, schieramenti, sistemi d’arma, strategie… quasi ad evocare la bellezza dell’ “arte della guerra”. Invece dobbiamo affermare con forza che non è accettabile un sistema di relazioni internazionali fondato sulla “forza” sulla capacità di aggredire, ed operare affinché  le nostre istituzioni nazionali ed europee lavorino per ristabilire relazioni internazionali fondate sul Diritto Internazionale, sulla autodeterminazione dei popoli, e sulla centralità della tutela delle persone delle loro libertà civili e sociali ovunque esse vivano, non sulla potenza degli stati nazionali.

Dalle esperienze di gemellaggio con i profughi bosniaci anni fa’ e dalle accoglienze estive di ragazzi ucraini che organizziamo come ACLI in collaborazione con Caritas, ho imparato quanto la nostra presenza personale, la nostra testimonianza di vicinanza, la condivisione della vita (seppure momentanea) potesse essere preziosa. Una presenza fisica che a chi deve fronteggiare una tragedia di non sentirsi solo, abbandonato. E’ la necessità di sentirsi amati, di sapere che la propria sorte stà a cuore a qualcun altro. Da questa esperienza traiamo la forza per non soccombere, per resistere, per vivere.

Ma per dare forza ad un convincimento, non basta esplicitarlo, bisogna essere disposti a metterci del proprio. Un vecchio detto milanese ci ricorda che se si propone qualcosa non basta la parola occorre metterci del proprio: “metà consili e metà danè”. Ed allora era il caso di partire, di metterci qualcosa di nostro, un po’ di tempo e la disponibilità a prendersi qualche rischio.

Sono stati 4 giorni intensissimi, tra Kiev e Karkijv. Abbiamo incontrato tante realtà della società ucraina, ecclesiali, istituzioni civili e militari, associazionismo.

Abbiamo pregato insieme per la Pace, dialogato e soprattutto ascoltato.

Il Nunzio Apostolico Visvaldas Kulbokas

A piazza Majdan ci accoglie il Nunzio Apostolico Visvaldas Kulbokas: “Voi uomini e donne che venite dall’Italia non siete una realtà tra le tante, siete una forza di umanità. Non vedo nel mondo delle forze politiche capaci di fermare la guerra. La pace è una sfida che si pone a tutti. Se lasciamo la questione della guerra e della pace ai politici facciamo fatica a trovare proposte concrete. Dobbiamo essere tutti, compresa la società civile con una diplomazia dal basso. Oggi preghiamo per gli ucraini caduti, per i soldati russi e per le vittime di tutte le guerre.”

Arrivati a Karkijv abbiamo vissuto la comunione tra le due Chiese Cattoliche di rito romano e greco e la Chiesa ortodossa. Un segno di unità nel dolore ed insieme di speranza che non possiamo dare per scontato. Abbiamo pregato per tutti i caduti in uno dei tanti cimiteri che raccolgono migliaia e migliaia di corpi. Uno scenario impressionante.

Una Chiesa ospedale da campo

Poi una felice sorpresa, nella Chiesa greco cattolica ad accoglierci c’è Sestra Olexia, la suora che abbiamo conosciuto come educatrice dei ragazzi di Caritas Ucraina all’accoglienza estiva a Frabosa Soprana in provincia di Cuneo nel 2024. Ci ha mostrato orgogliosamente i loro spazi, le loro attività. Una esperienza di essere Chiesa splendida e commovente, la Cattedrale ancora in costruzione è stata adibita a magazzino per generi di prima necessità, le celebrazioni avvengono nella cripta. Tutto attorno alla Chiesa delle tende sono luoghi di distribuzione di pacchi di sopravvivenza (circa 2000 ogni settimana), di rifugio e di incontro. Una Chiesa come esortava papa Francesco “ospedale da campo” capace di accompagnare la popolazione nei bisogni spirituali e materiali.

La guerra è un male assoluto. Distrugge tutto.

Sempre a Karkijv incontriamo il Rettore dell’Università di Beketov che ci saluta con queste parole: “Mi sono chiesto perché siete venuti in questa città così vicina al fronte mettendo a rischio la vostra vita. La guerra è un male assoluto. Distrugge tutto. Distrugge le case, le vite ma anche le anime e le idee. Tutto. Ma c’è una cosa più brutta della guerra ed è l’indifferenza. Voi ricordate a noi che esiste un mondo che non è rimasto indifferente e la vostra presenza ci fa sperare che possiamo vincere questo male che è la guerra. È facile giudicare e dare consigli rimanendo comodi nelle proprie case. Piu difficile venire qua per chiedere la pace a Dio. E anche questa vostra preghiera è un atto di eroismo”.

L’università è stata chiusa per soli 20 giorni in 4 anni. Le lezioni sono in DAD (a distanza) o nei sotterranei ma si può visitare, incontrarsi, ricordare com’era. L’università è stata colpita 23 volte e sempre sono intervenuti per ripristinare i danni.

una popolazione che Resiste

Abbiamo trovato una popolazione che “resiste”. Che resiste combattendo, e che resiste continuando a vivere. Tra gli Alert delle preziosissime App e le sirene, le soste in rifugio, il coprifuco dalle 23 alle 5 del mattino la vita procede. Gli abitanti di Karkijv vivono con fierezza una condizione difficile. Ogni oggetto che viene colpito viene riparato, in giro per la città semideserta abbiamo visto squadre di operai che tagliavano l’erba nei prati e pulivano i marciapiedi. E’ la resistenza di tutti.

La guerra incontrata da vicino mostra tutto il suo orrore, il dolore dei sopravvissuti, la morte presente dappertutto, la precarietà, le privazioni, l’incertezza del futuro, la spirale di odio e desiderio di rivalsa. La guerra non è mai una soluzione.

la costituzione dei “Corpi Civili di Pace”

Ma la costruzione della Pace è un processo lungo e complesso. Non c’è pace senza giustizia ci ha insegnato papa Giovanni XXIII con la Pacem In Terris (1963), senza la rimozione delle ingiustizie, della mancanza di libertà, delle discriminazioni, non c’è spazio per la Pace. Giovanni Paolo II (Messaggio per la giornata della pace 2002) ha ripreso questa verità introducendo il tema della misericordia, “Non c’è pace senza giustizia e senza perdono”, quale necessità di superare la distanza che la guerra frappone tra noi ed il nemico.

Dobbiamo auspicare anche per l’Ucraina una Pace Giusta. Una pace che tuteli la vita, le libertà, l’accesso ai diritti sociali di tutte le persone di ogni etnia, religione, credo politico ovunque queste abitino.

C’è uno spazio di Azione Nonviolenta in ogni conflitto, soprattutto nella fase precedente all’esplosione di questo in conflitto armato ed in quella successiva della ricostruzione materiale e soprattutto immateriale di una comunità.

Per questo, il Giubileo della Speranza è stata anche l’occasione di chiedere ucraini ed italiani assieme  un impegno politico alle nostre istituzioni nazionali ed europee: la costituzione dei “Corpi Civili di Pace” sull’idea avanzata da Alex Langer (parlamentare europeo) e da Antonio Papisca (Università di Padova). Immaginiamo una organizzazione composta da volontari e professionisti con esperienza e formazione nella processi di mediazione che operi in situazioni di conflitto favorendo il dialogo, la comprensione delle posizioni delle parti, l’avvio di processi di mediazione… oltre ad agire il ruolo di osservazione, monitoraggio e dissuasione delle discriminazioni.

Un ringraziamento particolare alle amiche e agli amici della delegazione ACLI con cui abbiamo condiviso gomito a gomito questa intensa esperienza: Paola Villa del nazionale, Luca Jahier di Torino, Matteo Altavilla di Padova, Mauro Montalbetti di Ipsia, Sarah Brizzolara e Marco Galbiati di Milano, Alberto Ubezio e Pietro Carluzzo di Cuneo.

Un grazie ancora al MEAN che ha dato la possibilità ad ognuno di noi di poter testimoniare il  desiderio e l’auspicio di Pace.

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