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Si parla poco di pace, molto di guerra

Si parla poco di pace, molto di guerra

[di Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]

Più di cinquecentocinquanta giorni sono passati dall’invasione russa dell’Ucraina e ancora non si vedono vie d’uscita. Gli attacchi della Russia proseguono ma l’Ucraina non sembra disposta a cedere. E resiste. Anzi, reagisce, anche se la popolazione è profondamente provata

Alla guerra ci si abitua

Di fronte a questa guerra di lunga durata, nel nostro Paese, sembra prevalere, sempre più, un senso di abitudine se non di rassegnazione. Anche nel nostro mondo ecclesiale a parte il momentaneo clamore suscitato dalla nomina da parte di papa Francesco del cardinal Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, a inviato speciale per l’Ucraina e Russia (ha già visitato Kiev, Mosca, Washington e nelle scorse settimane Pechino), poco si muove dentro le comunità cristiane.

La guerra – e soprattutto la pace –  è stata espunta, da tempo, dalle preghiere dei fedeli e dalle omelie dei preti. Silenzio dalla politica di casa nostra (ricordate l’articolo 11? “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”), silenzio dagli organismi internazionali, in primis quell’Europa.

Lo ha ben sottolineato Edgar Morin nel suo ultimo libro (“Di guerra in guerra”, Raffaello Cortina 2023):

E’ sorprendente che in una congiuntura così pericolosa, il cui pericolo aumenta continuamente, si levino così poche voci in favore della pace  nelle nazioni più esposte, in primo luogo in quelle europee. È sorprendente vedere così poca coscienza e così poca volontà in Europa, soprattutto nell’immaginare e nel promuovere una politica di pace. Parlare di cessate il fuoco, di negoziati, è denunciato come una ignominiosa capitolazione da parte dei bellicosi, che incoraggiano la guerra che vogliono a tutti i costi evitare a casa loro. Recentemente si sono levate alcune voci, fra cui quella di Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio. Ma esse sono coperte dalla voce tonante dei sostenitori russi e americani del “sino alla fine” (dov’è la fine?).”

Il coraggio della pace

Per questo non si può non guardare con interesse alla manifestazione nazionale del prossimo 7 ottobre a Roma convocata da “Europe for peace”, il vasto cartello delle associazioni della società italiana che, unendosi alle realtà di decine di altri paesi, soprattutto europei, in questo periodo di guerre, ostinatamente chiedono ai governi di perseguire finalmente la strada del cessate il fuoco e del negoziato. Lo ha ben ricordato don Luigi Ciotti al termine della marcia per la pace Bergamo-Brescia dello scorso 7 maggio: 

Serve una forte rivolta delle coscienze per spingere alla pace in Ucraina ma non dobbiamo dimenticare le altre 59 guerre. Eventi come questo sono segni importanti, donne e uomini stanchi di discorsi. Intanto si continua a sparare, ad ammazzare, continua il dolore di madri, padri, figli di tutte le parti coinvolte nelle guerre.

Anche Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace, ha aderito alla manifestazione e in un comunicato scrive che “da troppi mesi la guerra iniziata con l’aggressione russa miete vittime in Ucraina e nel mondo. Le vite rovinate si accumulano come i cadaveri dei civili e dei soldati di entrambi gli eserciti. Per milioni di nuovi poveri in Africa e nel sud globale il rincaro degli alimenti ha portato alla fame. I costi del conflitto sottraggono risorse ai beni pubblici e a una transizione energetica sempre più impellente e necessaria. E mentre la guerra ed il riarmo rischiano di ingoiare tutto, a cominciare dalla democrazia, si affaccia lo spettro del conflitto nucleare anticipato dall’utilizzo di armi proibite come le bombe a grappolo.”

O trattativa ad oltranza o guerra ad oltranza

Dunque, questa guerra va fermata subito, anche per fermare quella che più volte papa Francesco ha definito “ la terza guerra mondiale a pezzi” e una nuova divisione del mondo in blocchi. Qualunque giudizio si voglia dare su come è stata condotta, oggi, o si passa alla trattativa ad oltranza oppure è guerra ad oltranza, senza più confini e limiti. 

La promessa di combattere sino all’estremo sacrificio o la ricerca di una vittoria totale sul campo non fanno che moltiplicare le sofferenze, i rischi e prolungare un conflitto che prima o poi dovrà arrivare su un tavolo negoziale.  

Bisogna far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa

Ma – sostiene ancora Pax Christi – mentre da più parti del Sud del mondo si moltiplicano le spinte e le proposte per la ricerca di una soluzione politica nessuna seria iniziativa è stata sinora intrapresa dal nostro Paese e dall’Europa, che pure sono direttamente investiti e che avrebbero risorse politiche per favorire i negoziati. Questo prevede la nostra Costituzione che, memore delle due guerre mondiali, nega alla radice che la guerra – anche quella di difesa – possa essere considerata un mezzo per risolvere le controversie internazionali. La difesa, dice la Costituzione, è un “sacro dovere” ma la affida a noi cittadini, non alle armi e agli eserciti. La “Difesa civile, non armata e nonviolenta” ripudia la guerra e difende i principi fondamentali della Costituzione con mezzi compatibili con la pace. Cessare il fuoco è la sola condizione per consentire, senza ulteriori inutili stragi, le iniziative diplomatiche, le trattative negoziali necessarie ad affrontare alla radice le cause del conflitto e porre le basi per un futuro comune.

La guerra e le armi puntano alla vittoria sul nemico ma non portano alla pace. Bisogna far vincere la pace, ripristinare il diritto violato, garantire la sicurezza condivisa. Pax Christi conclude così il comunicato di adesione alla manifestazione del 7 ottobre: “Non esiste guerra giusta, solo la pace è giusta. La guerra la fanno gli eserciti, la pace la fanno i popoli”.

 

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