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Per le strade di Milano…

Per le strade di Milano…

di don Alessandro Franzoni

Dagli inizi di settembre io, prete della diocesi di Mantova, mi trovo per le strade di Milano a svolgere un servizio per i senzatetto, attraverso la Casa della Carità, la casa voluta dal card. Martini agli inizi del nuovo millennio per far fronte alle esigenze dei più poveri tra i poveri che vivono in mezzo a noi. Per le strade di Milano si imparano, notte e giorno, molte cose. Anzitutto a dire GRAZIE! Ricordo ancora quella serata d’autunno passata sul piazzale della stazione Centrale. Parcheggiato il camper che porta tè caldo, coperte e sacchi a pelo, maglioni e un po’ di cibo, vediamo una donna con una bambina che avrà avuto setto o otto anni distese per terra sul cemento e che cercano di dormire. Non hanno nulla, né coperte, né sacco a pelo. Ci avviciniamo per conoscerle e intuiamo da subito che hanno intenzione di passare la notte fuori: vengono dall’Afghanistan e vogliono andare in Germania il giorno seguente. Poichè la bambina veste solamente una maglietta, dal camper tiriamo fuori un giaccone pesante e glielo diamo. Sul suo volto si stampa un sorriso incredibile che mi commuove. Prima di congedarci quella bambina viene ad abbracciare tutti noi volontari. Mi abbraccia una gamba, tanto lei è piccola, e non la molla più: è il suo modo, avvolto di tenerezza, di esprimere la gratitudine che porta nel cuore.
Per le strade di Milano, tra i senzatetto, si impara a dire grazie. Grazie perchè ho un tetto sopra la testa, una casa riscaldata, un pasto ogni giorno, la compagnia di qualche persona cara. Dovrei ricordarmene più spesso anziché lamentarmi alla prima difficoltà. San Paolo scrive ai Corinzi: “Che cosa possiedi che tu non l’abbia
ricevuto? E se l’hai ricevuto, perchè te ne vanti come se non l’avessi ricevuto?” (1 Cor 4,7). Per le strade di Milano si impara poi a SAPER PERDERE. Si impara ad accettare che gli sforzi della nostra carità molto spesso non vanno a buon fine. Incontro Marco, un ex tossicodipendente che vive dentro una tenda in un parco e che ha forti dolori alle gambe, tanto che fa fatica a muoversi. Qui per le strade di Milano quasi tutti hanno problemi di salute abbastanza seri, molti dei quali legati all’alcool che, secondo quanto loro mi raccontano, serve per dimenticare, per isolarsi rispetto alla realtà che si presenta così cruda e, non per ultimo, li aiuta un poco a scaldarsi nel freddo della notte. Marco entrerebbe volentieri dentro la Casa della Carità, ma non ci sono posti liberi, è tutto pieno, e da quando sono in vigore le norme anti-Covid i posti letto si sono dimezzati per garantire il necessario distanziamento. Eppure ne avrebbe così bisogno, anche solo per un po’ di sollievo da quella vita così dura. Mi accorgo che vorrei tanto fare di più, ma non posso. Almeno per ora. Mi rendo conto che non sono onnipotente. Una donna di nome Vita, una delle volontarie più esperte dell’unità di strada che segue in particolare i senzatetto con problemi psichiatrici, mi dice che chi possiede deliri di onnipotenza è meglio che non svolga questo servizio! Che cosa siamo noi? Servitori. San Paolo, scrivendo sempre ai Corinzi, afferma: “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicchè né chi pianta, né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere” (1 Cor 3,6-7). Signore, solo tu sei onnipotente. Infine per le strade di Milano si cresce in UMANITA’. Tutti i venerdì, fermandoci con l’unità di strada presso un parco cittadino, facciamo visita a dei transessuali brasiliani che siedono sulle panchine e dormono fuori. Fanno “vita di strada”, nel senso più becero del termine. Tuttavia porgendo loro un bicchiere di tè caldo, la conversazione si apre, si prolunga e arriva per alcuni di loro perfino a confidare: “E’ dura la vita di un transessuale”. Fatico a capire quanto di tutto ciò sia una scelta e quanto sia invece fortemente condizionato dalle circostanze della vita, dalla natura o da altri fattori. Mi è chiaro, tuttavia, dai loro racconti, che fin da piccole queste persone hanno avuto una vita aspra, povera di affetti e di riferimenti stabili. E quando entrano nei dettagli della loro storia talvolta si commuovono e scende una lacrima. Per questo, al di là dei pronunciamenti dottrinali della Chiesa, che mi sono chiari, davanti a me c’è solo una PERSONA, e la dignità di figlio di Dio non sarà mai tolta a nessuno per qualsiasi cosa al mondo. Ringrazio per questa esperienza il Vescovo Marco, che ha creduto nella bontà di quanto portavo nel cuore e mi ha ascoltato. Ringrazio anche i miei confratelli preti mantovani, che con il loro lavoro quotidiano non meno importante, silenzioso e fecondo, mi permettono di realizzare questo servizio, che auspico porti frutto a me come uomo, come prete e alla pastorale della carità nella nostra diocesi.

 

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