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Padre Turoldo. Un credente che passava frontiere

Padre Turoldo. Un credente che passava frontiere

[Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana]

Paolo Giuntella, amico e maestro di David Sassoli, amava ricordare che nel Libro della giungla di Rudyard Kipling, il cucciolo d’uomo Mowgli riesce a vincere l’arrogante e terribile tigre Shere Khan con il fiore rosso, il fuoco, un tizzone ardente.

Il passaggio, di generazione in generazione, del tizzone ardente, del fuoco della fede, del fuoco interiore, è la strada, il cammino del popolo di Dio, da Abramo a oggi. Non è la potenza delle pietre dei templi, la forza delle istituzioni umane, ad assicurare al popolo di Dio il suo avvenire, ma il passaggio di generazione in generazione, da persona a persona, di questo tizzone ardente, del fiore rosso della testimonianza.

Perché tutto il popolo della Bibbia è un grande movimento biografico. Così la storia del popolo di Israele e la storia della Chiesa: un movimento di persone. E’ il mistero dell’incarnazione storica della parola di Dio. Ecco perché i testimoni diventano cruciali: rendono evidente l’umanità del Vangelo, oltre gli stretti recinti confessionali.

Sono loro: Franz Jaegerstatter, Primo Mazzolari, Emmanuel Mounier, don Lorenzo Milani, Charles de Foucauld, Thomas Merton, Annalena Tonelli, don Tonino Bello e tutte le sconosciute e gli sconosciuti, veri e propri “santi minori” che rendono viva e vera la vicenda di Gesù e raccontano con la loro vita la bellezza dell’avventura cristiana.

Il corteo di credenti e testimoni che hanno impresso la loro traccia sulle strade del nostro tempo è affollato. Un corteo di cui dovremmo essere orgogliosi.

Padre David Maria Turoldo, di cui domenica prossima ricorderemo il trentesimo anniversario della morte, era uno di questi.

Un credente fuori dal coro

Certo, a volte questi testimoni – come il Vangelo del resto – rompono i canoni, sono fuori dai nostri schemi. Altre volte sono eccessivi nei toni, non addomesticano la Parola, non la rinchiudono in parole comode e accomodanti. Come, ci ricorda la tradizione biblica, succede spesso ai profeti. Sono voci che gridano nel deserto della storia le inesorabili esigenze del Dio giusto, contro le quali non si possono accampare scusanti, né adottare elusioni o evasioni.

Che sarà per voi il giorno del Signore?», gridava Amos, il profeta contadino amato da padre Turoldo. «Sarà tenebre e non luce. Come quando uno fugge davanti al leone e s’imbatte in un orso; entra in casa, appoggia la mano sul muro e un serpente lo morde» (5,18-19).

Non a caso, in un’intervista rilasciata allo scrittore Valerio Volpini, Turoldo spiegava il rapporto tra poesia e profezia:

Gli stessi profeti della Bibbia erano chiamati poeti. Tra profezia e poesia c’è tutto un lavoro che persino si identifica. Sia il profeta che il poeta sono il vate divino. Il profeta non è tanto quello che annuncia il futuro, ma quello che denuncia il presente! Il profeta denuncia il presente perché lo confronta sempre con l’eternità della parola. Il divenire viene sempre confrontato sull’essere, l’essere di Dio diventa il futuro del mondo: ecco in questo senso il profeta è l’annunciatore del futuro. Il futuro del mondo è la parola di Dio, il futuro del mondo è far combaciare il mondo con il disegno di Dio.”

Appassionato della Parola, appassionato del mondo

Per capire l’avventura umana e spirituale di padre David, per quasi trent’anni residente a Fontanella, borgo di Sotto il Monte, luogo natio dell’amato papa Giovanni, vale la pena leggere un testo prezioso. E’ la bella e documentata biografia di Mariangela Maraviglia (David Maria Turoldo, La vita, la testimonianza (1916-1992), Morcelliana). Un libro di quasi cinquecento pagine, che si legge con interesse, e che mostra la ricerca di padre David, durata un’intera vita, di vivere con intensità la sua vicenda in ascolto e nello studio instancabile della Parola di Dio.

Perché questa è la radice da cui partire per comprendere la sua appassionata e a volta controversa vicenda. Lui stesso, a più riprese, si definiva “servo e ministro della Parola”: «Sono un pugno di terra viva, ogni parola mi traversa come una spada».

Tutta la sua poesia, gli scritti, la predicazione abbondano di citazioni o di allusioni bibliche, in particolare di quei testi sacri che più rivelano il Dio esigente, che conosce la misericordia ma non ignora la giustizia

Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa… fino alla terza e alla quarta generazione (Esodo 34,6-7).

E sarà proprio la Parola, sin dai tempi della Resistenza, che gli mostrerà, in modo inequivocabile, il nesso tra la fede in Cristo e la passione per l’uomo. Perché – lo canterà in tantissimi versi – non c’è fedeltà a Dio che non sia, insieme, fedeltà alla terra e alla storia.

Un uomo di frontiera

Questo permise a padre David – «poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini” questa è la definizione che ne diede il cardinal Martini celebrandone le esequie – un dialogo profondo con tutti coloro che, da posizioni diverse, avevano a cuore la vicenda umana.

Lo ha ricordato bene il cardinal Ravasi, suo amico carissimo.

In un periodo storico in cui c’era tensione e ognuno stava nel proprio territorio, lui era uno di frontiera, valicava e travalicava, quindi era capace di incidere su di loro perché risaliva alle radici dei temi, perdendo un po’ le questioni che erano di contingenza. E allora i non credenti ritrovavano il tema della spiritualità non attraverso una lettura clericale ma facendo ricorso per esempio ad una grande tradizione letteraria o mistica. Turoldo aveva la capacità di entrare nelle questioni spinose del dibattito sociale individuando le ragioni del rapporto fede-politica, amore-società.

Di lui un confratello servita, Ermes Ronchi, ha detto:

Libertà e fedeltà. Davide era un uomo libero nei confronti delle istituzioni, compresa quella ecclesiastica, e fedele all’essenziale. Era infedele alla regola, alla lettera per essere fedele allo Spirito.

Dunque, un cercatore fino alla fine in cammino, in ricerca. Mai arrivato.

Con gli errori di chi cerca la sua via giorno dopo giorno e non se ne vergogna e sempre si riprende, si lascia rilanciare dalla bontà di Dio…” (cardinal Martini).

 

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