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Le armi. Le grandi spese e i grandi silenzi

Le armi. Le grandi spese e i grandi silenzi

[Daniele Rocchetti, delegato regionale alla vita cristiana] 

Si vis pacem, para bellum”: “se vuoi la pace, prepara la guerra”: così diceva Vegezio, uno scrittore romano del quinto secolo dopo Cristo

2.240 miliardi

Una prospettiva che dopo lo scenario nucleare pensavamo fuori dalla storia. Eppure uno degli effetti  della guerra in corso in Ucraina è stato l’aumento della spesa militare mondiale. Il SIPRI è l’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma, uno dei più seri e accreditati centri di ricerca sui conflitti. Ogni anno un compendio sulla sicurezza internazionale e sugli armamenti. Il SIPRI informa che la spesa militare mondiale ha raggiunto nel 2022 la somma record di 2.240 miliardi di dollari complessivi, che corrisponde ad una crescita del 3.7% in termini reali rispetto all’anno precedente. Un aumento di 127 miliardi sul 2021. Una cifra che fa pensare perché è molto di più dei 100 miliardi annui promessi e mai raggiunti per mitigare la crisi climatica. 

Quanto spendono gli USA, la Cina, La Russia

Secondo Rete Pace e disarmo (www.retepacedisarmo.org) la spesa militare statunitense è aumentata dello 0,7%, raggiungendo gli 877 miliardi di dollari: gli Stati Uniti restano di gran lunga al vertice della classifica mondiale, con il 39% della spesa militare globale (3 volte maggiore del Paese al secondo posto, la Cina). 

Pechino ha aumentato la propria spesa militare per il 28° anno consecutivo (+4,2% a 292 miliardi di dollari) raggiungendo il 13% della quota globale. A causa del conflitto sul territorio ucraino iniziato con l’invasione decisa da Putin si stima che la spesa militare della Russia sia cresciuta del 9,2% nell’ultimo anno, raggiungendo gli 86,4 miliardi di dollari (terzo Stato al mondo). L’Ucraina è entrata per la prima volta nella top 15 (all’11° posto) a causa di un enorme aumento del 640% della propria spesa militare. 

La Francia raddoppia. Gli altri in Europa. L’Italia

Il trend di crescita vale per tutta l’Europa. La Francia ha annunciato che nei prossimi sette anni investirà 413 miliardi di euro nella difesa: il budget annuale passerà dai 32 miliardi del 2017 a 69 miliardi nel 2030, oltre il doppio. La deterrenza nucleare sarà uno dei centri di costo chiave di questo aumento di bilancio, con la costruzione di una portaerei a propulsione nucleare di nuova generazione. Il governo Macron vuole investire anche in mezzi di difesa informatica, spaziale e sottomarina.

La Polonia ha annunciato che investirà il 4 per cento del Pil nella difesa. Questa spesa senza precedenti includerà massicci acquisti di aerei da combattimento e carri armati dagli Stati Uniti e dalla Corea del Sud e droni dalla Turchia.

Nei mesi scorsi, nel pieno dell’invasione russa dell’Ucraina, ha fatto scalpore la notizia che la  Germania, ha annunciato un aumento di 100 miliardi di euro del suo budget militare. Aumenti consistenti delle spese per la difesa sono stati annunciati anche dai paesi baltici, dalla Svezia, che, insieme alla Finlandia, entrerà nella Nato dopo decenni di neutralità.

Per quanto riguarda il nostro Paese, il SIPRI segnala una riduzione della spesa militare italiana che invece non è riscontrabile nei dati di dettaglio sempre in crescita elaborati dall’Osservatorio Mil€x (e nemmeno da quelli NATO, per i quali vi è una sostanziale stasi). Ogni giorno l’Italia spende  68 milioni di euro per la difesa e le armi (più di 25 miliardi l’anno).  

Le parola di Papa Francesco. I silenzi delle Chiese

E’ tempo che le Chiese trovino il coraggio di alzare la voce contro questa logica. “Si vis pacem, para pacem”: “Se vuoi la pace, prepara la pace”. In un tweet del 24 aprile scorso papa Francesco ha scritto.

Usare le armi per risolvere i conflitti è segno di debolezza e di fragilità. Negoziare, procedere alla mediazione e avviare la conciliazione richiede coraggio. 

Sono solo frasi ad effetto o, piuttosto, un programma politico preciso per chi vuole battersi per la pace non solo a parole?

Come ha scritto il documento redatto da uno dei cantieri della Rete Sinodale Nazionale “non esistono pronunciamenti ufficiali delle Chiese cristiane contro le politiche di riarmo del proprio paese o a favore del Trattato per l’abolizione delle armi nucleari, approvato dall’ONU nel 2017 e ratificato da una sessantina di paesi all’inizio del 2022. Vari paesi europei, Italia compresa, non solo non hanno aderito al Trattato ma si apprestano ad ‘aggiornare’ le armi nucleari presenti nei loro territori. In Italia esistono circa 60 armi nucleari (B 61) dislocate a Ghedi e Aviano che stanno potenziando le loro strutture per ospitare i cacciabombardieri F-35 (ognuno dal costo di almeno 155 milioni di euro) in grado di trasportare nuovi ordigni atomici più potenti (B 61-12)”.

Dove sono in Parlamento coloro che dicono di battersi per la pace? Possiamo avviare una discussione e un confronto?

 

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