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“Le ACLI siano voce di una cultura della pace, uno spazio in cui affermare che la guerra non è mai “inevitabile” mentre la pace è sempre possibile”

“Le ACLI siano voce di una cultura della pace, uno spazio in cui affermare che la guerra non è mai “inevitabile” mentre la pace è sempre possibile”

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO ALLE ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI (ACLI) NELL’OTTANTESIMO ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE

Cari fratelli e sorelle delle ACLI!

Sono felice di accogliervi mentre state celebrando il vostro ottantesimo anniversario. È una storia
lunga e ricca, che testimonia il vostro impegno e la vostra dedizione nel servizio alla comunità.
Avendo ottant’anni siete un po’ più giovani di me, ma il vostro percorso è molto significativo; e
questo anniversario è una buona occasione per rileggere la vostra storia, con le sue gioie e i
momenti difficili, e per esprimere gratitudine. Ringrazio con voi il Signore che vi ha accompagnato
e sostenuto lungo questo cammino, anche ispirando tante persone che, attraverso le ACLI, hanno
dedicato la loro vita al servizio dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani, degli stranieri e di tanti
che si trovano in situazioni di bisogno. Le ACLI sono un luogo dove è possibile incontrare dei
“santi della porta accanto”, che non finiscono sulle prime pagine dei giornali, ma a volte cambiano
concretamente le cose, in bene!

Questa storia è un patrimonio da cui trarre energie vitali per guardare avanti con speranza e
determinazione. In essa troviamo i valori che hanno ispirato i vostri fondatori e che generazioni di
aclisti hanno incarnato nel corso degli anni, attraverso una presenza importante nella società. A
questo proposito, oggi vorrei soffermarmi su cinque caratteristiche di questo stile vostro, che
ritengo fondamentali per il vostro cammino.

La prima è lo stile popolare. Si tratta non solo di essere vicini alla gente, ma di essere e sentirsi
parte del popolo. Significa vivere e condividere le gioie e le sfide quotidiane della comunità,
imparando dai valori e dalla saggezza della gente semplice. Uno stile popolare implica
riconoscere che i grandi progetti sociali e le trasformazioni durature nascono dal basso,
dall’impegno condiviso e dai sogni collettivi. Ma la vera essenza del popolo risiede nella solidarietà
e nel senso di appartenenza. Nel contesto di una società frammentata e di una cultura
individualista, abbiamo un grande bisogno di luoghi in cui le persone possano sperimentare
questo senso di appartenenza creativo e dinamico, che aiuta a passare dall’io al noi, a elaborare
insieme progetti di bene comune e a trovare le vie e i modi per realizzarli. È questa la vocazione
dei vostri “circoli”: aprire le porte, tenerle aperte, accogliere le persone, permettere loro di costruire
legami di solidarietà e senso di appartenenza, per intraprendere insieme un cammino di
integrazione che sviluppa «una cultura dell’incontro in una pluriforme armonia» (Esort. ap.
Evangelii gaudium, 220).

Seconda caratteristica: lo stile sinodale. Lavorare insieme, collaborare per il bene comune è
fondamentale. Questo stile sinodale è testimoniato dalla presenza di persone che appartengono a
diversi orizzonti culturali, sociali, politici e anche ecclesiali, e che oggi sono qui con voi. Ma è
anche uno stile che vi appartiene strutturalmente perché, come ha scritto il vostro Presidente
presentandovi, siete un insieme di associazioni “multiformi e inquiete”. È bello questo: voi siete
pluriformi e inquieti, e questo è una cosa bella. È bello questo: la varietà e l’inquietudine – in senso
positivo –, che vi aiuta a camminare insieme tra voi e anche a mescolarvi con le altre forze della
società, facendo rete e promuovendo progetti condivisi. Vi chiedo di farlo sempre più e di avere
attenzione verso quelli che nella società sono deboli, perché nessuno sia lasciato indietro.

La terza caratteristica: uno stile democratico. La fedeltà alla democrazia è da sempre un tratto
distintivo delle ACLI. Oggi ne abbiamo tanto bisogno. Democratica è quella società in cui c’è
davvero un posto per tutti, nella realtà dei fatti e non solo nelle dichiarazioni e sulla carta. Per
questo è importante il molto lavoro che fate soprattutto per sostenere chi rischia l’emarginazione: i
giovani, ai quali in particolare destinate le iniziative di formazione professionale; le donne, che
spesso continuano a patire forme di discriminazione e disuguaglianza; i lavoratori più fragili e i
migranti, che nelle ACLI trovano qualcuno capace di aiutarli a ottenere il rispetto dei propri diritti; e
infine gli anziani e i pensionati, che troppo facilmente si ritrovano “scartati” dalla società, e questa
è un’ingiustizia. A queste persone prestate un servizio importante, che non deve soltanto restare
nell’ambito dell’assistenza, ma promuovere la dignità di ogni persona e la possibilità che ciascuno
possa mettere in campo le proprie risorse e il proprio contributo.

Quarto: uno stile pacifico, cioè da operatori di pace. In un mondo insanguinato da tante guerre, so
di condividere con voi l’impegno e la preghiera per la pace. Per questo vi dico: le ACLI siano voce
di una cultura della pace, uno spazio in cui affermare che la guerra non è mai “inevitabile” mentre
la pace è sempre possibile; e che questo vale sia nei rapporti tra gli Stati, sia nella vita delle
famiglie, delle comunità e nei luoghi di lavoro. Il Cardinale Martini, durante una veglia di preghiera
per la pace, pose l’accento sulla capacità di “intercedere”, cioè di situarsi tra i contendenti,
mettendo una mano sulla spalla di entrambi e accettando il rischio che questo comporta (Un grido
di intercessione, 29 gennaio 1991). Costruisce la pace chi sa prendere posizione con chiarezza,
ma al tempo stesso si sforza di costruire ponti, di ascoltare e comprendere le diverse parti in
causa, promuovendo il dialogo e la riconciliazione. Intercedere per la pace è qualcosa che va ben
oltre il semplice compromesso politico, perché richiede di mettersi in gioco e assumere un rischio.
Il nostro mondo, lo sappiamo, è segnato da conflitti e divisioni, e la vostra testimonianza di
operatori di pace, di intercessori per la pace, è quanto mai necessaria e preziosa.

Infine, uno stile cristiano. Lo menziono per ultimo non come un’appendice, ma perché si tratta
della sintesi e della radice degli altri aspetti di cui abbiamo parlato. A chi possiamo guardare per
capire che cosa vuol dire essere operatori di pace fino in fondo, se non al Signore Gesù? Dove
possiamo trovare ispirazione e forza per accogliere tutti, se non nella vita di Gesù? Assumere uno
stile cristiano, allora, vuol dire non soltanto prevedere che nei nostri incontri ci sia un momento di
preghiera: questo va bene, ma dobbiamo fare di più; assumere uno stile cristiano vuol dire
crescere nella familiarità con il Signore e nello spirito del Vangelo, perché esso possa permeare
tutto ciò che facciamo e la nostra azione abbia lo stile di Cristo e lo renda presente nel mondo. In
particolare, a fronte di visioni culturali che rischiano di annullare la bellezza della dignità umana e
di lacerare la società, vi invito a coltivare «un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che
non si limiti alle parole» (Lett. enc. Fratelli tutti, 6). È il sogno di San Francesco di Assisi e di tanti
altri santi, di tanti cristiani, di tanti credenti di ogni fede. Fratelli e sorelle, sia anche il vostro sogno!

Cari amici delle ACLI, vi ringrazio per il vostro impegno e vi esorto a portarlo avanti con coraggio.
Che lo Spirito Santo continui a rendere feconda la vostra opera e a guidarvi nel servizio alla
comunità. Avanti con gioia e nella speranza! Vi benedico di cuore. Per favore, non dimenticatevi di
pregare per me. Grazie.

Qui di seguito la lettera di Emiliano Manfredonia, Presidente Acli APS

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