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Domenica 5 novembre 2023

Domenica 5 novembre 2023

XXXI domenica del Tempo ordinario

Mt 23,1-12

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

COMMENTO DI DON ALFREDO SCARATTI, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLE ACLI DI BRESCIA

Gesù mette in guardia i suoi discepoli contro gli scribi e I farisei, che sono molto bravi nell’insegnare agli altri quello che si deve fare, ma personalmente non lo fanno. La loro sicurezza dottrinale li teneva immobili nella propria tranquillità di coscienza; il loro amore per il passato li chiudeva di fronte alle più innocenti novità; custodi della fede, essi ne diventavano i gendarmi; erano i tristi professori della verità, gelosi della loro dignità.

Tutte queste tentazioni permangono anche oggi nella chiesa di Cristo. Siamo messi con le spalle al muro per il pericolo di un fariseismo diffuso, soprattutto per coloro che, all’interno della comunità, hanno una responsabilità ministeriale, di servizio, di comunione.

Gesù non viene mai meno alla condanna di un sistema non solo sorpassato, ma contrario in tutto al disegno di Dio. Gesù ci mette in guardia da atteggiamenti di ipocrisia, di incoerenza, di ostentazione: soprattutto dove si esercita un’autorità, in particolare quella religiosa, che ama lo sfarzo, il lusso, la ricchezza, la solennità fine a se stessa.

Ci condiziona uno spasmodico bisogno di doverci distinguere a tutti i costi; siamo fagocitati dalla sete di dominio; ci seduce la voglia di esibirci pur di ricevere plauso e stima altrui; diventiamo intransigenti nei giudizi sugli altri mentre a noi concediamo larghi sconti. Ma tutto questo è una strada senza uscita che scambia l’essere con l’apparire.

Gesù ci mette in guardia dal cercare titoli onorifici – addirittura qualcuno li esige – con il rischio poi di credere davvero di essere quelli per cui siamo chiamati! Ci mette in guardia dalla convinzione di sentirci la chiesa giusta così da preoccuparci quasi esclusivamente dell’immagine pubblica che offriamo.

Quanto siamo lontani dal Vangelo! Quanta vanità nella chiesa! Preoccupata più del proprio nome e della propria gloria, che del Nome e della gloria di Dio. Ne va dell’immagine di Dio, di un Dio che si è fatto ultimo e servo. Ne va dell’immagine della comunità, dove la dignità più alta è quella di essere figli e fratelli.

Dice Gesù: tu sei grande quanto è grande il tuo cuore.

Il più grande, dice Gesù, è colui che serve, è chi ama di più, con semplicità, umiltà, trasparenza, purezza di cuore. Uno solo è il maestro, il Cristo, e uno solo è il Padre, Dio. Nessuno può cercare di dominare gli altri, anzi, ciascuno deve mettersi al servizio di tutti. Il mondo ha bisogno d’amore e fa del servizio il nome nuovo, il nome segreto della civiltà.

Il Signore ci aiuti ad essere Chiesa in cui è bandita la presunzione e si vive nella più completa fratellanza.

 

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