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Domenica 25 febbraio 2024

Domenica 25 febbraio 2024

II domenica di Quaresima

Mc 9,2-10

Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

COMMENTO DI DON LEONARDO ZENONI, VICARIO PARROCCHIALE A SERIATE

L’UOMO SUL MONTE

C’è un singolare contrasto fra la modestia di quel fazzoletto di terra che è la Palestina e il tono enfatico con cui viene descritta dagli scrittori sacri: un territorio semi-arido è presentato come il più invitante dei giardini; una piccola capitale è descritta come un centro di attrazione mondiale; un lago di medie dimensioni è chiamato mare (di Galilea); i villaggi sulla riva si trasformano in città e una collina di 600 metri ai margini di una modesta  pianura, fa a gara con le cime innevate del Libano. Sembra che gli scrittori biblici abbiano scoperto, oltre l’apparenza dimessa dei luoghi e la banalità quotidiana di tanti eventi, la misteriosa bellezza e maestà che abita quei luoghi e quella gente e che è in grado di trasfigurare ogni cosa e persona. Questo è evidente ancora di più nel rabbi di Nazareth: quando ai tre amici che ha portato sul monte Gesù rivela lo splendore della gloria che si nasconde in lui, rimangono così stupiti e affascinati da non voler più tornare alla normalità. A sorpresa, infatti, la trasfigurazione rivela che è proprio l’uomo la più completa e perfetta rivelazione di Dio: non solo l’uomo Gesù, ma anche tutti coloro che egli ha riscattato con la sua morte solidale e la sua risurrezione gloriosa. Perché se Dio si incarna nella nostra povera realtà, allora l’uomo risplende come il sole e diventa candido come la neve. In Gesù trasfigurato sul Tabor si rivela, infatti, non solo la gloria divina, ma anche la dignità umana e si tratta di una novità di non poco conto in un tempo come il nostro che fa dell’uomo il colpevole dei mali del mondo. Così pensa la società ipertecnologica incline a considerare l’elemento umano il meno affidabile (guai a sbagliare nel mondo dominato dalla tecnologia!). Così pensa il variegato mondo dei difensori della natura, tutti in lite fra loro, ma uniti nella convinzione che sia l’uomo il virus più distruttivo che esista. Così pensa la moltitudine crescente di chi sostiene il concetto -nazista- che la vita umana valga non per se stessa, ma per la sua qualità, tanto da sopprimerla nel caso di imperfezioni o difetti. Così pensa chi ritiene ingiusto che la vita sia quello che è e non quello che si vorrebbe che fosse. Così pensa infine un’opinione pubblica che idolatra a tal punto la libertà individuale da concedere ai deboli e ai fragili il permesso di rovinarsi e di fallire, accanendosi al tempo stesso su chi sbaglia o non ce la fa.  Invece sul monte della gloria è proprio quest’uomo escluso, sconfitto, fallito, colpevole di tutti i mali che sono io, che sei tu, che siamo noi tutti, a ricevere la buona notizia che Dio non solo lo perdona e si prende cura di lui, ma lo trasfigura a immagine di Gesù per restituirgli la dignità perduta di figlio sul cui volto risplende la gloria divina. Dio però non fa (come il demonio nel deserto delle tentazioni) carte false per tirarci dalla sua parte; non ci nasconde affatto che la via per arrivare al monte della gloria è aspra, lunga e difficile e fa tappa (obbligatoria) su quell’altro monte (il Calvario) dove si è innalzati sì, ma sulla croce. Chi non ha paura di percorrere questo itinerario fino in fondo può stare sicuro che sulla via di Cristo nessuno si perde perché l’unica legge che vale è l’amore di Dio che si fa perdono con gli erranti, pazienza coi deboli, accoglienza con gli esclusi, solidarietà coi poveri, condivisione coi sofferenti, amicizia e rispetto con tutti.  

 

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