Da dove veniamo, chi siamo e dove andiamo con le Acli
Articolo di Giovanni Garuti
Quando si sta in una comunità, in una associazione o in un movimento, avendo accettato i principi fondamentali e condiviso gli obiettivi d’azione, è naturale condividere anche la quotidianità del cammino degli aderenti per raggiungere i traguardi di cambiamento della società, nella prospettiva di offrire un contributo personale al superamento delle povertà, delle solitudini, delle esclusioni, delle discriminazioni e delle ingiustizie.
Strada facendo si è periodicamente costretti ad andare a Congresso e affiorano allora molti interrogativi sul futuro da coltivare insieme, con la rilettura anche autocritica della storia vissuta, a partire ovviamente dagli ideali fondativi e dalle varie tappe di inevitabile aggiornamento, in sintonia con la necessità di un rilancio motivato e aperto a nuovi orizzonti di fecondità e di servizio alla collettività per l’accoglienza, la convivialità, la solidarietà e il bene comune.
Per le Acli che hanno ormai varcato la soglia degli ottant’anni, è indispensabile andare a riscoprire le radici storiche di una vocazione ispirata al messaggio evangelico e all’insegnamento della Chiesa, per valutare nel cambio d’epoca che stiamo vivendo, come deve agire un movimento educativo e sociale che vuole continuare ad essere protagonista nella dialettica democratica.
Se allora, a guerra ancora in corso, si fece l’esperimento di un sindacato unitario, con le Acli corrente cristiana per la formazione e l’assistenza ai lavoratori, la successiva ricostruzione dalle distruzioni belliche, lo sviluppo economico, l’industrializzazione e le migrazioni interne, hanno ampliato il campo d’azione della rete dei Circoli nelle Parrocchie e sul territorio, con servizi formativi e sociali, imprenditorialità, accoglienza dei migranti esteri, iniziative per i diritti di cittadinanza e per la difesa della Costituzione repubblicana.
Se poi si ripercorrono le tesi congressuali che si sono avvicendate negli anni si può riscoprire il respiro internazionale del movimento aclista, ormai diffuso nei vari continenti, che riesce a cogliere l’universalità di una originale missione di testimonianza e promozione umana al servizio dei lavoratori e dei cittadini con l’operosità del volontariato culturale, educativo e sociale dei Circoli.
Si parte dai problemi dei lavoratori nel dopoguerra e dagli orientamenti sindacali della corrente cristiana, per rivendicare una politica sociale di rinnovamento democratico nello sviluppo della società italiana, con la partecipazione della classe lavoratrice all’alternativa al capitalismo in nome dell’uomo e con un impegno di solidarietà nel movimento operaio per la riforma della politica, il lavoro, la democrazia e la pace.
Progetti e utopie che si ampliano con la speranza di riformare le istituzioni dell’Europa dei popoli per promuovere cittadinanza sociale, osando il futuro europeo, allargando i confini sulle rotte della fraternità nella società globale, abitando il presente, rigenerando comunità, attraversando il cambiamento, alimentando il coraggio della pace.
Si tratta di un linguaggio d’epoca che si è confrontato con l’attualità delle varie fasi storiche, mantenendo tuttavia una carica ideale capace di ispirare il mestiere delle Acli e l’attività dei militanti aclisti impegnati in campo aperto nelle lotte sociali per affrontare le emergenze, abitare la quotidianità, vivere la sussidiarietà, eliminare le ingiustizie, rivendicare i diritti costituzionali, superare gli ostacoli che impediscono il protagonismo dei lavoratori e dei cittadini nella costruzione di una società accogliente, più giusta e solidale.
Con la riscoperta dell’identità aclista delle origini integrata dal divenire della formazione, dell’azione, delle attività, dei servizi e dell’imprenditorialità sociale, che si ricollega idealmente alle domande inevitabili del chi siamo e da dove veniamo, resta tuttavia aperta la questione del dove andiamo in un mondo sul baratro della terza guerra mondiale a pezzi che sta sconvolgendo i confini europei con distruzioni sconvolgenti e migliaia di vittime innocenti.
Per l’Arcivescovo Delpini, questa situazione è insopportabile, vorremmo la pace, la riconciliazione, ma siamo impotenti, non riusciamo neppure a far sentire la nostra voce per incidere sulle scelte dei grandi della terra.
Papa Francesco all’ottantesimo delle Acli a Roma ha affermato che la guerra non è mai inevitabile, mentre la pace è sempre possibile, invitandoci con il richiamo al card Martini, a intercedere, a situarci fra i contendenti costruendo ponti, ascoltando e promuovendo il dialogo.
Ecco quindi che andare a Congresso è un occasione imperdibile per riscoprire i valori che hanno ispirato i fondatori e generazioni di aclisti, come afferma il Papa, con uno stile cristiano, popolare e pacifico, al servizio dei lavoratori, dei giovani, degli stranieri e della comunità, affrontando le sfide quotidiane in una società frammentata da una cultura individualista, in un cammino di accoglienza, di fraternità, di amicizia sociale.
Si deve allora alimentare il coraggio della pace, da abitanti della casa comune, per camminare insieme con gli artigiani e gli operatori di pace, contro la corsa al riarmo cha alimenta divisioni e conflitti, affrontando la complessità della questione migratoria, dell’accoglienza e della condivisione nella società multietnica e interreligiosa ormai senza confini etnici e culturali.
Dove stiamo andando dipende dalla capacità di aggiornare il mestiere delle Acli alla luce della nostra tradizione di azioni e di opere dei santi della porta accanto, per continuare ad essere movimento di ispirazione cristiana aperto alla convivialità e alla solidarietà a partire dalla creatività e dalle attività senza confini dei Circoli aclisti, sentinelle nelle comunità ecclesiali e sul territorio.