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Domenica 24 ottobre

Domenica 24 ottobre

XXX domenica del tempo ordinario

Mc 10, 46-52

Dal vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. 

COMMENTO DI DON ANTONIO AGNELLI, ASSISTENTE SPIRITUALE DELLE ACLI DI CREMONA

Il gesto misericordioso di Gesù che risana il cieco di Gerico, precede nella narrazione di Marco, l’ingresso in Gerusalemme. Forse l’evangelista vuol dire che per capire il senso profondo della sua passione e morte, i discepoli hanno bisogno di essere guariti, in quanto incapaci di vedere con gli occhi della carne la gloria di Dio nel fallimento della croce. Così anche noi non riusciamo a capire il significato della vita di Cristo per la nostra esistenza, se lui stesso, con il suo Spirito, non agisce dentro la nostra interiorità più profonda, aprendoci gli occhi dell’anima per riconoscerlo vivente e presente in noi, in mezzo alla sua comunità e operante nella storia umana. Il prodigio di Gesù a favore del cieco è sempre anzitutto una presa di posizione a favore dei malati che erano al suo tempo gli scarti della società e anche della comunità religiosa. Egli ascolta il grido dell’infermo il quale grida sempre più forte il suo dolore e la sua emarginazione. Il cieco chiede compassione e Gesù risponde alla sua sofferenza, guarendolo. Il Dio di Gesù è Padre e Madre di tutti, ma il suo amore misericordioso si riversa anzitutto su coloro che portano in sé le piaghe della malattia, della emarginazione, dell’impoverimento. Il regno di Dio è aperto a tutti ma a partire dai poveri che ci indicano la strada per realizzarlo.

Come ci dicono gli studiosi del Vangelo secondo Marco, il brano è anche chiaramente la presentazione di un cammino di fede autentico, rivolto ad ogni discepolo. Il cieco risanato è ora il discepolo battezzato che, togliendosi il mantello, simbolo dell’uomo peccatore, immerso nel buio delle acque, riemerge da esse alla luce che gli dona la possibilità di vedere con chiarezza e quindi seguire con gioia totale il Cristo.

Bartimeo, guarito dalla sua fede in Gesù, ora vede lui come l’autentico salvatore e decide di seguirlo lungo la strada, ovvero entra nelle dinamiche della vita e della storia per portare la parola di Cristo come autentica pienezza e verità.

Sorge una domanda: oggi, noi discepoli del Signore nel nostro tempo, guariti dalla sua misericordia nel Battesimo, siamo realmente guariti anche dalla cecità? Oppure nonostante le nostre pratiche religiose, i nostri occhi rimangono chiusi alla luce del Vangelo? Quante volte anche noi decidiamo in base alla logica del mondo o semplicemente per difendere i nostri interessi personali o sociali? Siamo formalmente cristiani ma sostanzialmente egoisti. Partecipiamo all’Eucaristia ma poi siamo pronti a criticare anche il Papa quando ci mette dinnanzi le ingiustizie del mondo e chiede una conversione personale ma anche sociale, economica. Non riusciamo a vivere la dimensione profetica della fede che spinge i discepoli a farsi carico delle sofferenze dell’umanità, vedendo con chiarezza il peccato del mondo e denunciandolo, anche se questo sicuramente ci porterà a caricarci come Gesù della croce.

E tu rompi il cerchio e chiama, chiama chiunque t’invoca e attende dai margini della strada: chiedi solo pazienza di credere! Oh, fa’ che tutti vedano, Signore!  (David Maria Turoldo).

 

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