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La spirale delle guerre e dei conflitti ai confini dell’Unione europea

La spirale delle guerre e dei conflitti ai confini dell’Unione europea

Milano sta vivendo una stagione emblematica delle contraddizioni che il mondo  attraversa nel cambio d’epoca, con crisi economiche devastanti ed esplosioni di violenza etnica e religiosa, che generano migrazioni incontrollate e pressioni alle frontiere delle nazioni confinanti, con popoli in fuga dalla fame e dalle persecuzioni, alla ricerca di una accoglienza spesso negata e di un futuro ancora incerto nelle terre straniere d’approdo.

C’è l’Expo che vuole nutrire il pianeta, con il contributo di idee, ricerche e sperimentazioni di tutti i Paesi partecipanti, che offrono ai visitatori i risultati dei progetti di riconciliazione con la natura e di riscoperta dell’importanza del cibo e della sicurezza alimentare, per raggiungere gli obiettivi del millennio contro la povertà, il sottosviluppo, le disuguaglianze e le ingiustizie secolari.

Ci sono i Capi di Stato e di Governo che si alternano all’Esposizione universale con le celebrazioni delle feste nazionali, per stringere rapporti di amicizia e cooperazione, al fine di rilanciare la solidarietà internazionale allo sviluppo e superare le tentazioni neocoloniali che impediscono l’emersione e la valorizzazione delle potenzialità creative delle popolazioni più indifese.

Non invitato al G7 in Baviera per l’annessione della Crimea e la crisi ucraina, Putin ha colto l’occasione dell’Expo per evidenziare gli effetti delle sanzioni economiche decise dall’Unione europea e dagli Stati Uniti, mentre sta affiorando un nuovo clima di guerra fredda con il coinvolgimento della Nato, dai Paesi baltici alla Polonia, alle frontiere della Russia, che ha già minacciato l’installazione di nuovi missili balistici a lunga gittata.

Altri leader, da Rajoy a Cameron, da Michelle Obama a Hollande, stanno vivendo l’Esposizione di Milano con l’intenzione di collaborare per far uscire i popoli dall’indigenza e dalla malnutrizione, mentre si fa drammatica la questione degli esuli e dei migranti, che invece continua a dividere i paesi europei tentati da chiusure nazionalistiche e da atteggiamenti incomprensibili.

Fuori dall’Expo, luogo di riconciliazione e di condivisione per il bene comune universale, il clima cambia radicalmente con siriani, eritrei e sudanesi, che affollano la stazione centrale di Milano in attesa di essere accolti in Europa, ma intanto le frontiere francesi, svizzere e austriache, restano invalicabili, nonostante gli accordi bilaterali, il regolamento di Dublino e la convenzione di Schengen sullo spazio unico di circolazione delle persone nell’Unione europea.

C’è una commovente gara dei milanesi e della Chiesa ambrosiana alla solidarietà e all’accoglienza, nonostante un’opinione pubblica perplessa alimentata da partiti, giornali e televisioni, con atteggiamenti xenofobi, esibiti con spregiudicatezza ai fini del consenso elettorale, senza mediazioni e riflessioni sul dovere della condivisione e della ricerca di soluzioni umanitarie.

Con la terza guerra mondiale a pezzi, fra Asia, Medio oriente e Africa, e con l’Est europeo in allarme per il timore della ricostituzione dell’impero russo, diventa urgente la ripresa del dialogo ecumenico e interreligioso, al fine di far superare le incomunicabilità e i fondamentalismi che creano inimicizie e alimentano persecuzioni, sequestri e stragi disumane.

Se la libertà religiosa è un diritto umano inalienabile, le persecuzioni contro i cristiani, i conflitti fra sunniti e sciiti, le espulsioni e i massacri etnici, devono essere denunciati e affrontati dall’Onu e dalla comunità internazionale, senza timori e reticenze, per ristabilire la pace nella convivialità delle differenze.

La crisi della Grecia con il rischio dell’uscita dall’Euro, la mutilazione dell’Ucraina con il conflitto fratricida per la secessione delle regioni sudorientali, e il referendum per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, si agganciano alla riemersione delle spinte nazionalistiche e populistiche che lacerano il tessuto comunitario, con un inevitabile indebolimento della coesione continentale, indispensabile per fronteggiare unitariamente le sfide mondiali.

Dopo il crollo del muro di Berlino, altre barriere invalicabili sono cresciute fra Israele e Palestina, in un conflitto interminabile, e nel Mediterraneo con il rifiuto dell’Europa a condividere la tragedia delle giovani popolazioni e della famiglie del Nord Africa e del Medio Oriente, in fuga dall’instabilità politica ed economica, che costringe a condizioni di vita inaccettabili a confronto con lo sviluppo raggiunto nel mondo occidentale.

Il timore dell’invasione e dell’islamizzazione sta paralizzando i governi europei che non riescono ad elaborare una politica condivisa di ridistribuzione equa e sostenibile degli esuli fra le nazioni dell’Unione, ma nemmeno ad avviare un’azione indispensabile di cooperazione con i Paesi di partenza dei migranti per affrontare le cause storiche e contemporanee degli esodi.

Il dramma umanitario dell’emergenza profughi, si intreccia con le migrazioni sui barconi dei “clandestini” che si vogliono forzatamente rimpatriare, senza tener conto del rischio di rimandarli in nazioni dove i diritti umani e la libertà individuali sono a rischio di continue violazioni.

Con la scomparsa e l’afonia dei movimenti pacifisti, disorientati dalla complessità della situazione internazionale ormai multipolare, si devono trovare nuove forme di sensibilizzazione e partecipazione per evitare l’indifferenza e l’impotenza di fronte ad un mondo lacerato dalle guerre e dalla violenza e da conflitti e divisioni che si credevano superate, come ha evidenziato Papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium.

 

Giovanni Garuti  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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