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Giovani e impegno civico

Volontariamente in Salita 2018 – Isola Palmaria

Le ACLI lavorano per favorire il protagonismo giovanile, accompagnando percorsi e progetti di empowerment e promuovendo servizi e iniziative per valorizzare le loro sensibilità e competenze.

Tra i vari percorsi, da alcuni anni le ACLI lombarde sostengono una particolare iniziativa formativa residenziale rivolta a giovani impegnati in esperienze di volontariato e servizio civile: Volontariamente in Salita.

Volontariamente in Salita è una proposta educativa e di animazione / coinvolgimento giovanile finalizzata a promuovere il protagonismo delle nuove generazioni attraverso forme di impegno sociale non violento e non armato, volte all’educazione, alla pace tra i popoli, alla salvaguardia e alla promozione dei valori orientati al bene comune. L’ipotesi di fondo dell’intero progetto è quella di intervenire con azioni di coinvolgimento diretto dei giovani, attraverso: iniziative formative, laboratori creativi, animativi e culturali, esperienze di impegno civico, percorsi professionalizzanti.

Di seguito alcuni articoli e materiali di approfondimento:

Alcune note sul progetto

Un punto di partenza è rappresentato dalla consapevolezza che i giovani si misurano oggi con un mondo diverso da quello dalla generazione dei propri genitori / educatori: diversi sono i vincoli e le opportunità, frutto di profonde trasformazioni economiche e sociali; diversi sono anche i desideri, i bisogni, le sensibilità, il modo di relazionarsi con gli altri. Se da un certo punto di vista è vero che con la globalizzazione i giovani tendono ad essere sempre più omogenei in ogni parte del mondo, rimangono però, nei contesti locali, peculiarità culturali e istituzionali che hanno ricadute nel processo di socializzazione e di costruzione dell’identità. In particolare, pur non disconoscendo le differenze, non possiamo considerare la Lombardia come un “mondo a parte” rispetto a un contesto nazionale che vede l’Italia quale Paese con il più alto numero di NEET in Europa, con un livello di disoccupazione giovanile spaventoso e con un tasso di disuguaglianza generazionale già oggi evidente e in progressivo aumento. E ancora, a caratterizzare la condizione giovanile: un accesso all’occupazione e la fondazione di una famiglia ritardati, frequenti avvicendamenti tra lavoro e studi, ma soprattutto percorsi individuali molto più variegati che in passato. La scuola o l’università, il lavoro e il contesto sociale non svolgono più lo stesso ruolo integratore; l’autonomia è acquisita sempre più tardi. Ciò si traduce spesso in un sentimento di fragilità della loro condizione, in una perdita di fiducia nei sistemi decisionali esistenti e in un certo disinteresse per le forme tradizionali di partecipazione alla vita pubblica, anche nelle organizzazioni sociali. Una parte dei giovani si rifugia nell’indifferenza o nell’individualismo, un’altra parte è tentata da modi d’espressione a volta eccessivi, se non addirittura ai margini dei canali democratici. Una maggioranza di essi vorrebbe tuttavia influenzare le politiche, comprenderle, parteciparvi, ma non ne trova i mezzi. I giovani hanno però qualcosa da dire perché sono i primi ad essere interessati ai mutamenti economici, agli squilibri demografici, alla globalizzazione, ai mutamenti ambientali, alla diversità delle culture. È ad essi che si chiede di inventare altre forme di relazioni sociali, altri modi di esprimere la solidarietà, di vivere le differenze e di trarne un arricchimento, proprio nel momento in cui si manifestano nuove incertezze. Da qui la necessità e insieme la complessità per i corpi sociali intermedi (e per le agenzie educative più o meno tradizionali), di individuare, progettare, mettere in campo ipotesi e percorsi di lavoro rivolti alle giovani generazioni capaci di armonizzare la sproporzione tra l’intensità e la drammaticità delle loro domande, da una parte, e la crescente scarsità di risorse per rispondervi, dall’altra.

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